lunedì 1 novembre 2010

1 . Civiltà perdute.

La protoufologia è quella branca dell’ufologia che studia
la possibilità che, anticamente,
la Terra sia stata visitata da razze aliene.

Che le interferenze con civiltà esogene al nostro pianeta non siano una novità, lo si deduce da una attenta lettura di molti testi antichi, reinterpretabili in una chiave diversa, che fa perno su una serie di requisiti e di conoscenze che l’uomo di quei tempi non possedeva. In quest’ottica, ad esempio, alcuni studiosi paragonano il termine "lungo coltello" usato dagli indiani Sioux alla descrizione di un fucile e all’espressione biblica "spada fiammeggiante" dell'’Arcangelo Gabriele, fanno corrispondere un fucile laser, impiegato per tener lontani Adamo ed Eva dall’albero della vita e della morte nell’Eden.

In tutte le popolazioni della Terra ed in tutte le leggende si sente parlare di esseri venuti dallo spazio, dotati di armi e tecnologie avanzatissime, che poi se ne sarebbero andati per la loro strada. Così come quella europea, la letteratura indiana è stracolma di tali racconti.

Prendiamo in considerazione l’impero Ashoka che distrusse in una sanguinosa guerra il più antico impero Rama (9.000-7.000 a.C.); il teatro di queste operazioni era la valle del fiume Indo che attraversa il cuore del Pakistan.
L’impero Ashoka era retto da nove scienziati che avevano scritto nove libri in altrettanti domini della scienza. Tali libri non ci sono mai pervenuti, in quanto gli Ashoka, che si erano convertiti al Buddismo, rifiutavano ogni idea di belligeranza e temevano che le loro scoperte scientifiche fossero malamente impiegate.
Uno di questi libri si intitolerebbe "Il segreto della gravitazione" e sarebbe noto agli storici sanscritisti, pur restando ancora celato in qualche "lamaseria" buddista, forse a Lhasa, nel Tibet. Vi si troverebbero gli elementi per controllare la gravità, oltre alla descrizione di futuristiche armi di micidiale potenza.

Il dottor Ruth Reyna, dell’Università di Chandrigarh, ha studiato alcuni di questi testi, scoperti recentemente e tradotti dal sanscrito. Secondo il dottor Hatcher Childress, studioso delle stesse tematiche, sarebbe la cosiddetta "Laghima" la forza che esiste a livello di capacità umana e che riguarderebbe qualche sorta di "forza centrifuga" in grado di eliminare quella gravitazionale.
Le macchine volanti che facevano uso di tale principio venivano chiamate "Astras". Nel testo si parlerebbe anche del sistema per rendersi invisibili detto "Antima", come descrive il lama medico Lobsang T. Rampa nel suo libro Il Terzo Occhio.
Poi c’è il sistema detto "Garima" che serve per aumentare il peso delle cose (noi diremmo per creare deviazioni dello spazio-tempo).
Delle macchine volanti degli antichi Dei dell’India parla anche il Ramayana, opera epica in diciassette volumi che descrive amori battaglie e vizi degli Dei dell’impero Rama. Nel Ramayana, le meravigliose macchine volanti vengono definite "Vimana".
Era il periodo storico dell’impero Rama, con le sue sette grandi città, situate nel nord dell’attuale India e nel Pakistan: una dominava su tutte: Mohenjo-Daro, l’antica Lanka, isola nel fiume Indo. I "Vimana" venivano descritti come oggetti a due piani, rotondi e piatti, ma anche sigariformi, i "Vimana Vallixi", adibiti per il trasporto, per le battaglie, per le gite, eccetera.
Nel 1875 il trattato dal nome "Vimanika" viene rinvenuto in un antico tempio indiano. Lo ha scritto un illuminato, un certo Bharadvajy, in sanscrito, la lingua degli Dei, e verrà tradotto in lingua inglese e successivamente edito nel 1979 da G.R. Josyer, a Mysore.

Di questo testo si è occupata anche l’accademia di sanscrito, che però non si esprime sulla sua autenticità, anche perché nel manoscritto sono descritti i "Vimana": come funzionano, come devono essere pilotati, le diete dei piloti, le rotte spaziali da seguire per evitare di incappare in tempeste magnetiche, armi fantastiche, il radar e gli schermi televisivi (?!).
Alcuni di questi "Vimana" sono spinti da uno strano propellente giallo-bianco, liquido (Kerosene?), mentre qualche volta si accenna all’impiego di mercurio (motore a ioni?).
Non sussiste alcun dubbio che il primo razzo vero e proprio lo abbiano costruito i Tedeschi, che avevano organizzato spedizioni in Tibet per cercare i libri e le fonti in cui si descrivevano i motori dei "Vimana". Nel "Dronaparva", che in realtà è una parte del "Mahabarata", i Vimana sono descritti come sfere dalle quali esce un fiotto di fuoco che fa muovere a grande velocità quegli oggetti che, guarda caso, si dice funzionino con un motore a mercurio.
Curiosamente, ricorda David Childress, i Russi hanno recentemente scoperto in alcune caverne del Turkestan e nel deserto del Gobi, degli strani oggetti semisferici che loro chiamano "vecchi strumenti per la navigazione spaziale", di vetro e porcellana, contenenti alcune gocce di mercurio.
Nel "Mahavira Bhavabhuti", testo dell’ottavo secolo, possiamo leggere: "Un carro aereo detto Pushpaka, trasportò molte persone ad Ayodhya, la Capitale, ed il cielo era pieno di stupende macchine volanti nere come la notte, ma caratterizzate da luci giallo intenso".
Sfortunatamente, il mondo della scienza ufficiale snobba questi antichi testi, con la scusa che fornirebbero erronee interpretazioni di una realtà aulica e non tecnologica dell’antica India.
Si deve però tener conto che testi analoghi stanno venendo alla luce in Cina, mentre in Europa del nord le leggende irlandesi raccontano della civiltà venuta dallo spazio che insegnava a coltivare. E che dire delle leggende atlantidee dove un altro aereo strano volava e dominava i cieli, il così chiamato "Ashvin"?
C’è chi dice che questa protoufologia sia troppo soft per essere presa in considerazione e tutte le volte che si fa riferimento alle antiche storie che circolano sulle Piramidi egizie e sul loro "allineamento" astrale gli scienziati di turno si tappano il naso in un gesto di rigetto.

Nessun commento:

Posta un commento