mercoledì 11 gennaio 2012

Rongo Rongo

Scrittura Rongo-Rongo
Quasi due secoli di studi non sono riuscite a svelare uno dei misteri meglio custoditi dell’ archeologia: la scrittura rongo rongo dell’isola di Pasqua. Le prime tavolette furono scoperte nel 1722 (pochissimo è stato tradotto) e ancora affascinano quanto l’isola cilene e i suoi Moai, le grandi statue che la punteggiano.

E' una scrittura ideografica, formata da segni che vanno da figure non identificabili a esseri immaginari, pesci uccelli, forme antropomorfe. Quattro di queste tavole, le più ricche di simboli e in buono stato, sono conservate nei Musei vaticani.
La scrittura su di esse è straordinaria. Glifi sottili e notevolmente regolari, circa un centimetro di altezza, fortemente stilizzati , sono scolpiti in scanalature sulle tavolette. La tradizione orale narra che gli scribi abbiano utilizzato ossidiana e denti di squalo per intagliare i geroglifici e che siano stati scritti dal primo gruppo di coloni guidati da Hotu Matua.
Gli studiosi del settore affermano che si tratta di una scrittura geroglifica e non di un alfabeto fonetico o sillabico (i segni sono troppi),simile a quella usata nell'antico Egitto e dalle civiltà della Valle dell'Indo. E' un tipo speciale di scrittura chiamato "boustrophedon", ( termine di origine greca che fa riferimento al modo di arare, e per similitudine, a questa forma di scrittura). La sequenza dei segni si snoda, da una riga all'altra, alternativamente da sinistra a destra e da destra a sinistra, cioè ogni riga di scrittura raggiunge il bordo della tavola e torna indietro rovesciata per formare la riga seguente,quindi per leggere lo scritto bisogna rovesciare la tavola al termine di ogni riga e non vi è alcun dubbio che tale scrittura era opera di esperti ed esperti erano coloro che la sapevano leggere.
Coloro che erano iniziati a questo genere di scrittura e giungevano a dominarla divenivano maestri e la trasmettevano ai giovani, ma quelli che arrivavano a tale traguardo dovevano essere pochi. Era una scrittura particolarmente colta, la cui lettura era sempre recitativa e affidata alla memoria; una scrittura che non aveva probabilmente nessun rapporto con il linguaggio parlato.
Di sicuro era riservata solo alla trasmissione di tradizioni, leggende, inni o invocazioni alla divinità. Le tavolette dovevano essere perciò piccoli libri sacri, da custodire gelosamente.


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