domenica 31 ottobre 2010

Le Guerre Stellari di Mohenjo Daro


Una panoramica di Mohenjo-Daro

Circa dieci anni fa mi sono imbattuto in un libro che parlava di questa antica città e della sua misteriosa fine: l’autore, David Davenport, era un giovane sanscritista, ma non solo. Profondo conoscitore dell’India e di molte lingue locali, anche se di famiglia inglese, aveva scritto un libro "2000 a.C.: distruzione atomica" (Ed. Sugarco), che tendeva a dimostrare come Mohenjo-Daro fosse stata teatro di una battaglia aerea tra forze extraterrestri contrastanti tra loro.


La città, in effetti, sorge su una piccola collina che una volta era circondata dalle acque del fiume Indo. Oggi dista circa 20 Km da Larkana, nella provincia del Sindh. Circa 3.500 anni prima di Cristo le popolazioni indiane che provenivano da ovest fondarono il sito abitato, i cui scavi, risalenti al 1922, mostrano oggi reperti di una civiltà che aveva altissimi livelli di civilizzazione. Basti pensare che la strada principale della città era larga sei metri ed aveva dei sistemi di canali ai bordi, che servivano a convogliare le acque di lavaggio del fondo stradale per evitare l’accumulo di polvere.

In alcuni punti strategici era previsto non solo lo spazio per quello che noi oggi avremmo chiamato il "cassonetto dei rifiuti", ma era previsto anche un posto per il cosiddetto "poliziotto che controllava il traffico". I pavimenti delle case erano piastrellati, così come probabilmente anche i rivestimenti esterni. L’acqua corrente fino al terzo piano era assicurata con dei pozzi verticali. Al centro città si ergeva il granaio, collocazione intelligente, a garantirne la protezione. Una "mega" piscina con acqua corrente serviva da bagno pubblico. Tutto questo nel 2.500 a.C.

Ma ad un certo momento, circa nel 1.500 a.C., la città viene abbandonata in tutta fretta; gli storici a questo proposito non sanno che pesci prendere: alcuni dicono che un’altra civiltà di ariani avrebbe, con una guerra, annientato la città; altri che la popolazione aveva raggiunto i 400.000 abitanti ed avrebbe collassato da sola. In realtà, David Davenport, nel suo libro, pone l’accento su fatti importanti.

All’interno della città esiste una striscia di diverse decine di metri di mattoni esposti ad una forte radiazione calorica (più di 900 gradi centigradi per pochi secondi, come hanno stabilito le analisi fatte a suo tempo all’Università di Roma). Ci sono solo scheletri di animali, mentre solo pochissimi resti umani (meno di dieci) tutti raggruppati in un solo sito e soprattutto scaraventati, più che accasciati al suolo, come se fossero stati colpiti da una forte onda d’urto.
La mitologia indiana parla di una guerra che si sarebbe svolta nei cieli dell’antica Lanka, guerra preannunciata agli abitanti che avrebbero così potuto mettersi in salvo: va ricordato che tutte le suppellettili presenti nel sito sembrano essere state abbandonate in una situazione di emergenza, incluse le tavole ancora apparecchiate.

David Davenport sosteneva nel suo libro che una guerra tra fazioni diverse di extraterrestri era occorsa nei cieli della città, dove era stata sganciata una piccola bomba atomica. La sua profonda conoscenza delle scritture sanscrite e degli antichi testi, ed i continui sopralluoghi da lui effettuati, avevano condotto Davenport al recupero di reperti, alcuni dei quali dovevano essersi trovati molto vicino al luogo del presunto impatto atomico.
Purtroppo David moriva in giovane età, stroncato da un male incurabile, ma i reperti ed i suoi studi rimanevano custoditi dall’amico fraterno Giulio Perrone che un giorno, circa dieci anni fa, ne consegnò tre dei più importanti per analizzarli.

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